Siamo all’indomani del Festival del Cinema di Roma 2013 e come ogni anno impazzano news sulle reti televisive e sui giornali, tirando le somme circa i look, gli scandali e le novità.
Dal canto nostro, nonostante l’immenso piacere, sarebbe fuoritema parlare esclusivamente di cinema e serie televisive, così potremmo concentrare l’attenzione sul format sempre più diffuso delle Webseries, ossia episodi di fiction realizzati per essere fruiti attraverso il web.
“Bizzarro”, penserete. Ma ormai è qualche anno che siamo spettatori di questa crescita sempre più in corsa; se il 2010 era stato l’anno in cui tali prodotti sulla rete venivano considerati “banchi di prova”, il 2013 ne vive la pura maturazione e la presa di coscienza degli altri media.
Inizialmente le webseries sono nate nei collettivi giovanili con l’unico obiettivo di far vedere i propri i filmati e portare avanti contenuti originali, abbattendo gli ingenti costi di produzione e postproduzione, che, come ben sappiamo, possono piegare qualsiasi casa cinematografica e televisiva.
La sua origine risale a qualche anno fa. Correva l’anno 2006 quando sul neonato Youtube comincia a girare il video/diario girato da una giovane ragazza con la sua webcam. Le sue giornate diventano uno spaccato di realtà alternando a temi easy, come i problemi adolescenziali, le vicissitudini religiose.
Le visualizzazioni iniziarono ad aumentare ogni giorno di più diventando un vero e proprio caso, tanto da smuovere numerosi giornalisti, andati in avanscoperta della misteriosa ragazza.
Le ricerche portarono ad una conclusione sconvolgente: non era un video amatoriale, bensì una fiction, Lonelygirl15 , creata da ragazzi laureati alla scuola di cinema.
Cosi si è fatta avanti la possibilità di condividere le proprie idee attraverso i maggiori canali web, come YouTube, coinvolgendo un pubblico di nicchia, abituato a “giocare” sulla rete.
Ma con il tempo le cose sono cambiate e si è sentita la necessità di abbandonare la dimensione amatoriale e scoprire nuove forme di narrazione. In pochi anni le web series crescono, si sviluppano, cominciano ad attrarre professionisti di altri media, come il cinema.
A questo punto l’avvicinamento al cinema appare quasi scontato. Entrambi sono contenitori di realtà fittizie, diverse ma pur sempre simili; entrambi rappresentano due mondi paralleli e distanti allo stesso tempo, destinati ad “esistere” insieme nel grande mare delle serie.
Tra i due cambia di sicuro il formato di fruizione ma non di certo la forma e la portata globale, coinvolgendo una “massa” di pubblico di ogni età.
La reale differenza? Sta nei compensi. Mentre nel cinema girano cifre da capogiro, nelle webseries, considerate microcosmi, Youtube dà un euro ogni mille visualizzazioni. Praticamente nulla se teniamo conto delle spese sostenute durante le registrazioni.
“Il problema” afferma Ivan Silvestrini, autore del pluripremiato Stuck, “è che le grosse produzioni consolidate stanno osservando con interesse il fenomeno, senza però aver ancora capito come sfruttarlo bene in termini economici. Dall’altra parte ci sono diversi autori che sollecitano una domanda nuova da parte del pubblico, comportando uno spostamento dalla tv tradizionale al web che ha bisogno innanzitutto di qualità”.
YouTube: vale la pena?
Ogni giorno, ogni ora ed ogni minuto vengono visualizzati milioni di video su YouTube, questo perchè è in grado di diffondere contenuti in modo veloce. L’opportunità di questo canale, però, non è solo la condivisione, già di per sè fondamentale, ma anche la possibilità di intraprendere attività di marketing.
YouTube offre agli utenti una moltitudine di chances per la promozione delle proprie idee, dal semplice video alle campagne pubblicitarie, in poche e semplici mosse: registrarsi, caricare e diffondere; solo quando si arriverà a cifre “serie” di visualizzazioni si potrà passare al passaggio successivo, cioè investire budget sul canale. Per questo motivo viene identificato come un importante Social Network superiore a Facebook e Twitter con l’obiettivo di incrementare la visibilità e di generare traffico finalizzato al massimo rendimento del proprio investimento.
Infatti, 100 milioni di persone interagiscono su YouTube, guardando video e condividendoli sui social o sulle community. Senza dubbio, quindi, sia se si vuole far conoscere un’azienda, sia un video che una webserie bisogna tener conto delle armi in mano a YouTube, localizzato in 39 Paesi e disponibile in circa 54 lingue.
Quali sono le regole base da tenere a mente per convincersi che vale la pena pubblicizzare un video su YouTube:
- un video è il miglior investimento per raggiungere un pubblico potenzialmente globale, grazie ai suoi numeri vincenti;
- i video arrivano al punto, trasmettendo tante informazioni in poco tempo;
- rispetto ai costi della pubblicità tradizionale, realizzare un video è economicamente vantaggioso;
- chiunque ama i video, soprattutto chi è interessato a comprare online, è invogliato ad acquistare con un video che spiega il prodotto;
- permette di raggiungere il target interessato senza disperdere l’investimento;
- può esserci un’importante sinergia con gli altri strumenti web: è quindi consigliato condividere il link su social network ed inserirlo nel proprio sito aziendale o blog;
- YouTube può mettere in evidenza keywords attraverso 120 caratteri. Con i tag scelti, infatti, è possibile essere più creativi e, allo stesso tempo, avere più possibilità di essere trovati dall’algoritmo di Google.
Dopo il breve excursus su Youtube e la sua influenza sul panorama odierno, non si può sottovalutare il gusto di un pubblico giovane ed il bisogno di creare compromessi con le richieste esterne, che in questo caso rispondono al web.
Abbiamo una cultura di massa influenzata dalle serie tv d’impronta americana; non è importante la differenza tra il mezzo televisivo e il web, ma tra quello che la gente vorrebbe vedere e quello che gli si propone.
In un attimo cinema, televisione e web diventano complementari, rompendo ogni tipo di barriera. Tuttavia, sono casi ancora in fieri in uno scenario in cui le grandi produzioni ancora guardano di sottecchi, probabilmente senza capire e con paura di investire, la grande onda della rete. “Il solito abbaglio? Durerà una stagione”, penseranno. Così non è stato, trovandoci anni dopo ad assistere alla presentazione di web series durante il Festival del Cinema di Roma.
Web Series in Italia
L’Ottava edizione del Festival già aveva le basi per diventare una vera e propria novità, ma lo è stato ancora di più aprendosi al web e presentando le 7 serie premiate all’ultima edizione del Roma web fest, il primo festival internazionale.
Ecco il salto di qualità delle webseries, approdando nella grande manifestazione con due giornate interamente dedicate, il 13 e 14 novembre.
Il primo giorno, nominato “Il Meglio di…”, sono state presentate:
- Le cose brutte di Ludovico Bessegato,
- Lost in Google di Simone Russo,
- Revolution di Gianluca Della Monica,
- Run Away The Series di Riccardo Cannella,
- Soma di Francesco Vitiello,
- Stuck di Ivan Silvestrini,
- Forse sono io di Vincenzo Alfieri.
Il secondo giorno, invece, è stato dedicato al dibattito “Le dinamiche finanziarie delle web series”, vedendo gli interventi, ad esempio, di Luca Vecchi (the Pills), Bruno Zambardino (professore della sapienza), Gabriele Niola (Critico cinematografico) e tanti altri esperti.
Ecco che, anche in Italia, le grandi menti critiche del cinema si sono “abbassate” a commentare e giudicare quello che da qualche anno sta imperversando su ogni parte del cosmo.
Non facciamoci domande.
Lost In Google
Per concludere vorrei segnalare tra le presentazioni al festival del Cinema, la rivelazione del momento Lost in Google, la Webserie di fantascienza creata da Francesco Capaldo, Simone Russo e Alfredo Felaco.
Lo spunto narrativo si riconduce alla domanda: cosa succede cercando Google su… Google?
Cosi ha inizio l’avventura del protagonista Simone, risucchiato dal web e poi tornato a casa. La ricerca rompe la barriera che separa mondo reale e realtà virtuale, instaurando una comunicazione originale e simpatica, episodio dopo episodio.
L’elemento innovativo che colpisce è l’ambientazione di fantascienza, quasi surreale, e l’interazione con gli utenti che ricorda un po’ il nostro articolo precedente su Breaking Bad. I protagonisti cercano di comunicare con i propri utenti attraverso foto, Faceboook e commenti che via via creano la serie stessa, non rimanendo meri giudizi. La produzione, infatti, decise di sfruttare i commenti migliori, scritti direttamente sotto l’episodio su YouTube oppure sul sito ufficiale, per sceneggiare gli episodi successivi e trovare il protagonista tra le maglie del web.
Che fine ha fatto Simone? Lo decidono gli utenti.
E’ una web series in itinere dove la vox populi ha la maggiore e reinventa il concetto stesso di serie e di webserie.
Tutto, quindi, sembra sovvertire le vecchie regole della narrazione classica, prima il passaggio sul web, poi il lasciare le redini direttamente agli utenti.
Gli scettici, ben ancorati al passato e alle logiche narrative, si chiederanno
“ma in che mondo siamo finiti?”
A questo punto … Chiediamolo agli utenti.