Nella cosiddetta “era di internet” il Digital divide, di fatto, spacca il mondo in due parti: gli in e gli out. Spesso basta allontanarsi dai grandi centri urbani per sentirsi “tagliati fuori dal mondo”. A ben vedere Internet è una comunità globale, ma solo per chi ne fa parte; secondo dati statistici riportati da Google sono infatti due terzi della popolazione mondiale a non aver ancora accesso alla rete.
Da questa constatazione e con il presupposto che per ogni problema (mercato) vada studiata una soluzione specifica, Google aveva lanciato due anni fa il progetto Fiber con cui intendeva portare la banda larga in zone disagiate costruendo una rete internet attraverso la realizzazione di una infrastruttura sperimentale in fibra ottica. Un’alternativa da vagliare è quella di una rete satellitare.
Fiber sfrutta un network di dirigibili sospesi a mezz’aria, senza bisogno di installare impianti o cavi a terra; sono collegati tra loro ad una rete di smartphone (Android ça va sans dire) basati su processori a basso consumo. Partito nelle aree dell’Africa sub-sahariana e del Sud-Est Asiatico, ed esteso in alcune grandi aree come Kansas City, ha come obiettivo non solo quello di portare la connessione delle aree rurali e remote del mondo e di coprire gap di copertura in aree servite, ma anche quello di velocizzare la Rete nelle aree urbane densamente popolate e garantire il ripristino immediato in caso di disastri.
Un anello di mongolfiere, così Google combatterà il digital divide
Nel 2011 in Rwanda era stato già sperimentato un “bus anti digital divide” all’interno del quale erano state allestite 20 postazioni, uno schermo con proiettore e una stampante. Ebbe un ottimo successo e, a nostro avviso, servì anche per capire che non si poteva rinunciare ad una ingente fetta di mercato potenzialmente emergente. Offrire connessione ad un miliardo di persone, per parlare di qualche numero, significherebbe anche incentivare l’acquisto di devices (pc, smartphone, tablet).
Dai segretissimi laboratori di Google X, gli stessi da cui sono usciti i Google Glass per intenderci, nasce Project loon la nuova innovazione del colosso di Mountain View che continuerà il “lavoro” di Google Fiber.
Project loon, quindi, si pone l’obiettivo di ridurre il divario digitale attualmente esistente, tra i 2,2 miliardi di persone che sono già on line e le 4,8 miliardi che non lo sono superando le criticità economiche e geografiche che fino ad oggi lo hanno determinato. Infatti se da una parte la mancata connessione deriva da oggettivi impedimenti legati alla conformazione del nostro Pianeta quali montagne, deserti, isole nel mezzo dell’oceano, foreste e paludi, dall’altra da un punto di vista economico trasportare i cavi avrebbe un costo molto elevato.
La tecnologia utilizzata, ancora del tutto sperimentale, è una reintrerpetazione di un’invenzione del passato ed è potenzialmente rivoluzionaria; l’idea consiste nel creare un anello di palloni che voleranno intorno al mondo sfruttando le correnti atmosferiche portando la Rete a basso costo e in posti disagiati o colpiti da disastri.
I palloni aerostatici hanno 15 metri di diametro e sono realizzati con un involucro di plastica spesso appena 0,077 millimetri; ognuno di essi è dotato di pannelli solari che garantiranno l’energia elettrica e il funzionamento di radio, antenne, un computer di volo e un sistema per il controllo d’altitudine, oltre alle apparecchiature necessarie per controllare il volo delle mongolfiere; sono stati progettati per volare a un’altitudine doppia rispetto a quella degli aerei commerciali ed in grado di comunicare tra loro creando una rete a maglie. Ognuno di essi coprirà un’area di circa 780 miglia quadrate (circa il doppio della superficie di New York City).
Le Stazioni a terra si collegheranno con l’infrastruttura internet locale e trasmetteranno segnali ai palloni offrendo connessioni con velocità pari o superiori a quelle delle reti 3G.
Partito il progetto pilota in Nuova Zelanda, ma seguìto da perplessità
Il progetto pilota è iniziato questa settimana con il lancio di poche decine di palloni dall’area di Tekapo della South Island in Nuova Zelanda e coinvolgerà 50 volontari; ogni partecipante si collegherà alla rete di palloni utilizzando una speciale antenna internet posizionata sulla propria casa, in grado di inviare e ricevere segnali dalle mongolfiere che transitano in cielo.
Se l’entusiasmo del Project Leader Mike Cassidy è coinvolgente, d’altra parte sono in molti a nutrire qualche perplessità.
Prima di tutto Google non ha ancora spiegato i costi dell’operazione, né quante saranno le persone che – una volta portato a termine il progetto – beneficeranno del servizio e quali le modalità.
In secondo luogo da un punto di vista strategico ci si è domandati perchè puntare sulle mongolfiere piuttosto che sulle comunicazioni satellitari. Sembra non convincere del tutto, infatti, il presunto completo controllo che affermano avere sulle mongolfiere in volo sospinte dai venti.
Dovrebbero volare ad un’altitudine intermedia tra le rotte aree e le orbitazioni satellitari; tuttavia negli Stati Uniti sarà sempre necessario notificare il passaggio dei palloni alla Federal Aviation Administration…per gli altri Stati si stanno stringendo relativi accordi.
Se il progetto pilota dovesse andare bene e i feedback ricevuti dai volontari fossero positivi, Google conta entro la fine dell’anno di incrementare il numero di mongolfiere fino a 300 e coprire l’area che si trova sul 40° parallelo e comprende Nuova Zelanda, Australia, Cile ed Argentina.
Sicuramente, Google stessa lo esplicita nel proprio blog, un maggior numero di fruitori significa un numero potenziali di “Google searchers” che, in parole povere, significa maggiori possibilità per le imprese di mostrare la propria pubblicità.
Nei prossimi mesi seguiremo gli aggiornamenti, stay tuned!